“I Guermantes” di Marcel Proust (Newton)

“I Guermantes”, Marcel Proust, Newton 1990

“I Guermantes” di Marcel Proust è il terzo dei sette volumi che costituiscono “Alla ricerca del tempo perduto”, di cui noi abbiamo recensito “Dalla parte di Swann” e “All’ombra delle fanciulle in fiore” Della Recherche abbiamo recensito anche “Sodoma e Gomorra”, “La prigioniera”, “Albertine scomparsa” e “Il tempo ritrovato“. Dello stesso autore abbiamo recensito anche “L’indifferente”. Su Marcel Proust abbiamo recensito il saggio di Pietro Citati “La colomba pugnalata”.

Cos’è “I Guermantes”

“I Guermantes” ha visto la luce in due parti, prima nell’ottobre del 1920 e la seconda a maggio del 1921. La fama di Marcel Proust aveva varcato i confini francesi anche grazie al Premio Goncourt ricevuto per “All’ombra delle fanciulle in fiore”.

I nuclei narrativi che emergono dalla (lunga) lettura sono l’amore del narratore per la duchessa di Guermantes, il ritorno di Albertine, la morte della nonna e, in sostanza, l’ingresso del protagonista nel bel mondo.

Punti di forza

In occasione del centenario della morte, Audible sta pubblicando gli audiolibri di tutti i volumi della Recherche e questo da solo vale il suo abbonamento (che ho sottoscritto lo scorso autunno e senza il quale, ormai, mi sento perduta).

Questa operazione, unita alla lettura condivisa #proustritrovato di Giornate di lettura, mi ha permesso di avventurarmi in quest’opera monumentale che chiesi per Natale da ragazza ma che lasciai a metà proprio di questo libro.

Ne “I Guermantes” godiamo di un’ottica panoramica dei salotti francesi. Spicca l’attitudine di Marcel Proust per la pastiche: alcune descrizioni dei personaggi, dei loro tic, dei modi di dire e di fare addirittura strappano un sorriso. Sembra di vederlo, il narratore, esibirsi in smorfie per parodiarli e imitare i loro difetti di pronuncia.

In certi passaggi non possiamo fare a meno di notare pillole preziose di stile e descrizioni incantevoli.

“(…) e che il suo sorriso indefinitamente prolungato come un sol diesis potesse infine cessare”

La sensibilità di Marcel Proust per i dettagli è bellissima e profonda. La parte dedicata alla morte della nonna è struggente.

Però, però, però…

È solo grazie all’ascolto, io lo so, che riesco a sopravvivere agli incisi chilometrici di Proust, alle sue subordinate, alle sue regressioni e ai suoi indugi sulle descrizioni degli ambienti.

“(…) una gran parte di quello che i medici sanno è insegnata loro dai malati”

Ci sono un paio di punti particolarmente dolenti. In un passaggio abbastanza lento, nella prima parte, si disquisisce di tecnica militare; mi ha fatto pensare a Tolstoj, ma in “Guerra e pace”, secondo me, aveva funzionato meglio). Si torna diverse volte sul dibattito intorno a Dreyfus, che in questo romanzo viene usato anche come cartina tornasole per capire l’ideologia politica dei personaggi.

Ci sono sempre tantissime conversazioni, anche dal taglio piuttosto snob. È inevitabile sentire inoltre parlare di personalità in vista come Émile Zola, Victor Hugo o Sarah Bernardt (che ha contribuito a ispirare il personaggio fittizio dell’attrice Berma). Tutto questo allontana il momento in cui vedremo accadere qualcosa di interessante, e può farci disperare.

“(…) non gli sembrò lo stesso chiarore solare in cui andava a spasso con la sua amante, ma un altro, poiché l’amore, e la sofferenza che è tutt’uno con esso, hanno come l’ubriachezza il potere di presentarci le cose diversamente”

Ma voi tenete duro e ricordate sempre che, così come dopo ogni salita c’è una discesa, anche le lungaggini premiano con delle scenette effervescenti, a saperle guardare.

La discussione su questo libro con Giornate di lettura si terrà all’inizio di agosto in diretta Instagram. Potete tenervi aggiornati qui.

Cristina Mosca