“Sodoma e Gomorra” di Marcel Proust (Newton)

“Sodoma e Gomorra” è il quarto libro de “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust, pubblicato esattamente cento anni fa, tra il 1921 e il 1922. È stato oggetto della lettura condivisa di agosto e settembre della maratona #Proustritrovato di Giornate di Lettura.

È l’ultimo libro della Recherche a venire pubblicato mentre Proust era in vita. Originariamente, la prima parte (“Sodoma e Gomorra I”) è stata pubblicata insieme al secondo tomo de “I Guermantes” nel 1921, mentre la seconda parte è uscita nel 1922 in un nuovo volume.

Io l’ho ascoltato su Audible, ma contemporaneamente l’ho seguito sulla mia edizione Newton del cofanetto del 1997, curata da Paolo Pinto e Giuseppe Grasso, condotta sul testo critico stabilito da Jean-Yves Tadié.

“Desideriamo ardentemente che ci sia un’altra vita in cui essere simili a ciò che siamo quaggiù. Ma non riflettiamo che, anche senza aspettarne un’altra, in questa, in capo a pochi anni, noi siamo infedeli a ciò che siamo stati, a ciò che vogliamo restare per l’eternità.”

Questo volume contiene una parte centrale intitolata “Le intermittenze del cuore”, che inizialmente è stato fra i primi titoli della Recherche. Della raccolta abbiamo recensito anche “Dalla parte di Swann“, “All’ombra delle fanciulle in fiore“, “I Guermantes“, “La prigioniera”, “Albertine scomparsa” e  “Il tempo ritrovato“. Di Marcel Proust abbiamo recensito anche “L’indifferente“. Su Marcel Proust abbiamo recensito il saggio di Pietro Citati “La colomba pugnalata”.

Cos’è “Sodoma e Gomorra”

No, il titolo non è uno specchietto per le allodole. Questa parte della Recherche è veramente molto pruriginosa, se pensiamo al tempo in cui è stato scritto.

Al centro della trama si può dire che tornino l’amore tra il protagonista e Albertine, la gelosia e i dubbi.

Viene raggiunto il culmine della poesia nel momento in cui sembra iniziare il disamore.

A fare da corollario ci sono lo snobismo e i vizi della società aristocratica che li circondano. Molti vizi.

Punti di forza

Il narratore ha una capacità di penetrazione psicologica e una vocazione per il dettaglio invidiabili.

Inoltre adoro assistere a conversazioni in cui quasi sarei potuta intervenire anch’io. Questo è capitato mentre i personaggi hanno parlato di Zola e soprattutto di de Balzac, che “quest’anno va tanto di moda”, con commenti al suo “Le illusioni perdute” a cui avrei potuto rispondere perché l’ho ascoltato di recente.

“Perché ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore”

In “Sodoma e Gomorra” si parla di omosessualità, sia fra uomini sia fra donne, tanto che qualcuno si diverte a mettere nell’orecchio del protagonista il dubbio che la sua Albertine abbia una relazione anche con un’altra donna.

Infine si parla di pederastia, in maniera mai volgare ma abbastanza chiara. Non seguiamo mai gli “invertiti” nelle loro stanze ma ne interpretiamo gli sguardi, i gesti, le parole.

Mi ha impressionato soprattutto assistere alle trattative dei maschi adulti per ottenere un giovane per la sera. Mi ha fatto pensare alle abitudini di Oscar Wilde, solo pochi decenni prima. Poi ho letto che il maggiore biografo di Proust sostiene che un po’ di questo autore ci sia, perché in un paio di occasioni si sono incontrati. Però pare anche che Robert de Montesquiou si sia riconosciuto nel personaggio di Charlus e Proust abbia invece indicato come ispiratore un noto pederasta aristocratico.

“Del resto, le donne che ho amato di più non hanno mai coinciso con il mio amore per loro. (…) Come da una corrente elettrica che dia la scossa, io ero stato scosso dai miei amori, li avevo vissuti, li avevo sentiti; mai però ero potuto giungere a vederli o a pensarli.”

In tutto questo, comunque, il protagonista resta solo spettatore, addirittura vittima di questa bailamme intorno a sé. È impossibile non entrare in contatto empatico con lui, nonostante i suoi limiti di uomo irrazionale e geloso.

Però, però, però…

L’operazione salvifica degli audiolibri è da apprezzare soprattutto nel caso di Marcel Proust. Anche il traduttore Giovanni Marchi lo dice: la sua prosa è un fiume. E nel quarto libro non è che diventi più incalzante. Subordinate, similitudini, regressioni lunghe interi paragrafi mettono alla prova il lettore più paziente e tenace.

Una volta un editore rifiutò Proust dicendo “Caro amico, sarò un po’ ottuso, ma proprio non mi capacito di come qualcuno possa impiegare trenta pagine per descrivere come si gira e rigira nel letto prima di prender sonno”.

Lo scotto da pagare nell’ascoltare un audiolibro è il rischio di perdersi qualche passaggio perché non riusciamo a mantenere a lungo la concentrazione. Però ben venga, perché io ci ho guadagnato l’affetto verso quest’omino capace di riflessioni profondissime e disarmanti, con il gusto per le imitazioni.

Cristina Mosca